MADE IN CHINA
Copertina flessibile 350g - 212 pagine a colori - Formato A4 orizzontale.
Il mio primo viaggio in Cina fu nel 2012, quando venni invitato a rappresentare il design europeo; facendo una fiera e una sfilata in quella che inizialmente credevo fosse una piccola Fashion Week, più precisamente a Ningbo, cittadina a due ore di macchina da Shanghai, nello Zhejiang, con oltre 8 milioni di abitanti. Credevo fosse piccola, e forse lo era da un punto di vista mediatico, ma importantissima e strategica vista l’alta concentrazione di grandi gruppi del settore con sede proprio in quella provincia. A quel viaggio ne seguirono tantissimi, tutti sempre per lavoro, incontri con imprenditori, giovani designer, politici praticamente in ogni città o provincia cinese. Però non sono mai riuscito a fare il turista, infatti in proporzione ai tanti viaggi, non ho visto granchè, ma avere a che fare con l’economia cinese mi ha sicuramente reso, nel tempo, più scaltro come imprenditore.
L’ultimo viaggio, lungo poco più di un anno, da maggio 2021 a giugno 2022 fatto in piena era pandemica mi ha permesso di usare più spesso le mie compattine e sfornare la stragrande maggioranza delle foto selezionate in questo libro. Ma mettiamo subito le mani avanti, il mio non è un reportage fotografico, non ero in Cina per raccontare una qualunque storia attraverso l’obiettivo. Non era nemmeno mia intenzione documentare i lockdown, i tamponi ogni 48h, i green code e le radicali misure di sicurezza messe in atto dal governo cinese per arginare la diffusione del virus SARS-CoV-2. Non nascondo che sia stato un anno estremamente impegnativo, con un mental breakdown nel finale piuttosto prevedibile. Ero lì per lavoro, il mio principale lavoro e quindi, tra i tanti progetti presenti nella mia vita professionale, per l’espansione nel mercato asiatico di un brand di abbigliamento e attrezzatura da skate che ho fondato nel 2016. Nei pochissimi momenti liberi, nei pochissimi viaggi che ho potuto fare in altre città, avevo sempre con me una compattina. Ho scattato più che potevo, considerate le circostanze.
Al mio rientro, guardando e riguardando il materiale a disposizione, ho cercato di capire, insieme a Milo Mussini, il potenziale di queste foto. Le alternative erano molteplici, alla fine ha prevalso l’idea di autoprodurre, attraverso il collettivo di editoria indipendente Cavie.
Il risultato è un libro che al suo interno racconta molteplici micro storie, anche di normalità e quotidianità, e tantissimi spaccati di un paese immenso ed estremamente differente da un punto di vista culturale ed estetico. Un andirivieni di scorci, ritratti, momenti, che scandiscono il tempo che passa frenetico, tra giornate di lavoro, escursioni, nottate nei club e bevute.
A chi mi chiede com’è la Cina, inizialmente rispondo sempre, in modo ironico che la Cina è un po’ Foggia e un po’ New York. È una risposta banale che però dà il senso della situazione; in Cina c’è tutto, assolutamente tutto. Alcune città sono avanti anni luce da un punto di vista tecnologico e alcune zone sono dignitosamente arretrate, un paese dove l’uso del cash è scomparso da tempo per lasciare spazio ai pagamenti tramite app, con città dove i motorini elettrici sono ovunque e dove i pasti sono un momento di complicità ed aggregazione. Dove il divertimento notturno sono i club dove bere tantissimo giocando a dadi e i karaoke con salette private. Un paese così vasto che permette la presenza di differenti coltivazioni per via dei tanti differenti climi. Un paese con una storia millenaria e la grande capacità di non rimanere fermo nel passato e di andare avanti nella ricerca, nel design, nell’architettura e nella tecnologia. Un paese con quasi un quinto della popolazione mondiale e che quindi al suo interno vive molteplici contraddizioni, senza tornare troppo indietro, dalle leggi sul controllo delle nascite, alla reale pressione sociale vissuta dai giovani nell’approccio al mondo del lavoro, fino ad arrivare alla pandemia che ha segnato fortemente le scelte delle nuove generazioni, meno interessate alla carriera e più al benessere psicofisico del presente.
Il titolo da scegliere era fin troppo semplice, “Made in China” sono le 3 parole più usate al mondo.
Tutte le foto, tranne l’iniziale raccolta di pasti obbligati durante la prima quarantena, in uno squallido hotel di Nanjing, sono scattate in analogico con una Pentax Espio 738 e una Olympus superzoom 70G. I rullini utilizzati sono prevalentemente Kodak Colorplus 200 e Fuji 200.
Lo sviluppo e la scansione digitale dei rullini è stata fatta in parte a Milano, da Speed Photo e in parte ad Hangzhou da Black Box.
Benvenuti in Cina.